La famiglia e la preghiera

C’è relazione fra la famiglia e la preghiera?
Ha a che fare la famiglia con la preghiera?
Certamente sì. E prima di tutto perché la preghiera nasce proprio in famiglia. Deve nascere in famiglia.
Le famiglie sono le prime scuole di preghiera. I figli  fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo. Di ciò che si è appreso in famiglia anche in questo campo si vive poi tutta la vita. Se non si insegna a pregare in famiglia, difficilmente poi si potrà colmare questo vuoto. È noto che è essenziale quello che di soprannaturale, di divino apprendono i bambini nei primi tre anni della loro esistenza.
È necessario curarsi perciò di essi soprattutto nei primi mille giorni della loro vita e poi su su almeno fino ai sei anni.
L’evangelizzazione del futuro dell’uomo quindi dipende in gran parte dalla “Chiesa domestica”: la famiglia.
Ma come i genitori possono svolgere con efficacia il loro compito di maestri di preghiera?
Perché i bambini imparino a pregare Dio, anzitutto occorre che sia loro svelata la sua realtà, che scoprano la sua esistenza.
Devono sapere che Egli c’è. E qui i genitori hanno una straordinaria possibilità per aprire ai loro figli questa conoscenza: quella di testimoniarlo.
“Che siano uno (nell’amore, nella verità) – dice Gesù nel Vangelo – affinchè il mondo creda” (Gv 17, 21).
Che i cristiani si amino fra loro affinché negli altri irraggi la luce della fede.

Se il mondo degli adulti spesso incredulo, fossilizzato nel materialismo, nel secolarismo e in vari altri mali, può esser toccato dall’unità in Cristo di noi cristiani, dal nostro amore reciproco sì da
arrivare a credere, tanto più l’innocente piccolo mondo dei nostri bambini non resterà indifferente a questa testimonianza: per essa cominceranno a capire che esiste Qualcuno che avvolge tutti col suo amore e verrà loro spontaneo rivolgere fiduciosi la loro mente ed il loro cuore a Lui.
Solo padri e madri che vivono ogni giorno nella mutua, continua carità, che soprannaturalizza, rafforza, consolida il loro amore naturale, possono efficacemente far breccia nel cuore dei loro figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare.

Occorre però impostare in modo giusto questo vicendevole amore perché risponda pienamente a quanto Gesù comanda. Egli vuole che lo sposo non veda e non ami nella sposa solo colei con cui divide la vita, ma ami in essa Lui, Cristo stesso. Ritiene infatti fatto a sé quanto si fa a lei e viceversa.
Inoltre, Gesù nella sposa, e Gesù nello sposo, vanno amati con la misura che Gesù richiede ed ha espresso con queste parole: “Amatevi come io vi ho amati” (Gv 13, 34).  
Amatevi cioè fino ad esser pronti a dare la vita l’uno per l’altro.
Se tutto il giorno i genitori avranno presente ciò, sia quando pregano o lavorano o si mettono a tavola, sia quando riposano o studiano, o ridono o giocano con i loro figli, tutti i momenti saranno buoni per testimoniare Dio.
Non solo. Ma, per questa testimonianza che esige sacrificio, i genitori diverranno doppiamente punto d’attrazione dei loro figli (“quando sarò innalzato sulla croce  tutto attirerò a me” – dice Gesù), (cf. Gv 12, 32) diverranno modelli a cui tutto il loro essere tende.
Per cui, se i genitori pregheranno insieme anche con qualche atteggiamento esterno, come inginocchiarsi, come fare il segno della croce, come recitare delle orazioni, i piccoli li imiteranno.

Anch’essi cercheranno di porsi in ginocchio, abbozzeranno qualche segno, anch’essi balbetteranno qualcosa, dapprima magari senza capire nulla, ma trascinati unicamente dall’esempio. Poi arriverà anche il momento di insegnare loro a pregare con la parola. E le brevissime preghiere che il bambino imparerà saranno l’inizio del suo dialogo con Dio. Poi su su con gli anni, preghiere più precise.
I genitori devono sentire profondamente questo compito.
Occorre ricordare l’accorato invito rivolto da Paolo VI ai genitori: “Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? (…) E voi, papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio  vostro (…) – dice il Papa -, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito” (1).
La preghiera in famiglia è una preghiera speciale, non è come una qualsiasi altra preghiera personale. Essa ha un’efficacia particolare.
Difatti Gesù promette, a coloro che pregano insieme, uniti nel suo nome, la sua stessa presenza: “Dove due o tre – Egli afferma – sono uniti nel mio nome io sono in mezzo ad essi” (Mt 18,20). Egli è lì, a pregare nella famiglia, con la famiglia, Gesù stesso l’Onnipotente, che tutto può.
E, se Lui è lì, come potrà il Padre non ascoltarlo?
Così la famiglia sperimenterà presto gli interventi della provvidenza di Dio e la fede crescerà e con essa si valorizzerà la preghiera.
Gesù, nell’insegnare a pregare, ha detto due cose che sembrano in contraddizione, ma non è così.
Ha affermato: “Quando pregate dite poche parole” (cf. Mt 6, 7) e poi: “Occorre sempre pregare” (cf. Lc 21, 36).
È necessario che ogni famiglia segua queste due direttive.
Dire poche parole.
Quando? Vari sono i momenti della giornata che più di altri richiedono qualche preghiera in famiglia. E varie sono le preghiere che la pietà cristiana ha insegnato e insegna per queste circostanze. Non è possibile qui farne un elenco. Sarà forse più utile dire ciò che in ciascuna ci sembra fondamentale.  
Al mattino, al risveglio, nell’immergerci nel mondo soprannaturale in cui siamo inseriti per il battesimo, con preghiere brevi al Padre celeste, a Gesù, a Maria…, sarà bene offrire a Dio la nostra giornata.
Dio infatti va amato; e amare significa dare. Doniamo dunque a Dio, ogni mattina, il nostro nuovo giorno.
Poi, durante le nostre giornate, tutte prese e concentrate su cose e affari di questo mondo sarà indispensabile che la famiglia cristiana insieme, o nei suoi singoli membri, trovi il coraggio di astrarsi dal mondo esterno e dedichi almeno pochi minuti per – direbbe san Paolo – “cercare le cose di lassù” (Col 3, 1), pensare cioè, penetrare nel mondo della nostra fede: fare insomma, come si dice, un po’ di meditazione o, come dicono i nostri giovani, andare in profondità.
E leggere magari qualche brano della Scrittura, specie del Vangelo.
E soffermarci a considerare l’uno o l’altro punto che più ci colpisce e trarne qualche utile proposito per la nostra vita.
Fondamentale in questa preghiera è mettersi in contatto seriamente con Dio, di cui siamo figli, per avere forza e luce.

Tempo addietro era praticato anche il rosario in famiglia. E si capisce. Per esso si possono passare in rassegna ogni giorno i misteri della nostra fede. Con esso si rivolge più volte la lode a Maria: “Ave Maria, piena di grazia…, tu sei benedetta fra le donne…”.
E chi ha solo un po’ d’amore per Lei in cuore lo fa volentieri, perché chi ama non è mai sazio di dire alla persona amata parole d’amore.
Tuttora la Chiesa consiglia il rosario. Ma, se ciò risultasse di troppo, non si potrà almeno recitarlo in parte?
Fondamentale in questa preghiera è coltivare il rapporto della nostra anima con Colei che nei piani di Dio è via, è porta che ci unisce a Dio, speranza, anche perché madre di famiglia, di ogni famiglia cristiana.
E alla sera prima di coricarsi ancora qualche breve preghiera: un po’ come al mattino, ringraziando della giornata trascorsa, con un atto di dolore per gli sbagli commessi, e un proposito di migliorarci il giorno dopo.
Queste alcune delle preghiere in famiglia durante la nostra giornata, lasciando a chi può ogni altra iniziativa, come passare a salutare Gesù in chiesa sempre troppo solo.
E, nei giorni in cui urge più l’uno o l’altro bisogno, sono aperte alla famiglia molte possibilità per ritrovarsi insieme ad invocare da Dio il suo aiuto: per il buon esito di un esame, ad esempio, per una nascita, per una persona della famiglia ammalata, per una questione economica, perché si risolva una crisi spirituale.
Gesù ha detto: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto” (Mt 7, 7). E, se l’ha detto, è così.
Poi c’è, culmine di tutte le preghiere, la santa Messa la domenica, nel giorno del Signore, quando la famiglia, piccola chiesa, si immerge nell’assemblea cristiana che si riunisce, ascolta la Parola di Dio, partecipa al pane  spezzato e al calice di Cristo, e prolunga poi la comunione con l’Eucaristia nella comunione fraterna.
È per la Messa che i componenti la famiglia possono sentire sazio il loro cuore, possono sentir abbondare la pace.
Si vorrebbe sempre, infatti, offrire a Dio qualcosa di adeguato alla sua maestà, di degno di Lui. Ma si trova spesso così sproporzionato tutto quello che gli si può donare che è consolante sapere che nella Messa si può offrire, con il sacerdote, al Padre Gesù stesso con le sue sofferenze d’immenso valore e si possono unire a quelle le proprie, per adorare il Padre, per amarlo, per lodarlo, per glorificarlo degnamente; per ringraziarlo, per chiedergli grazie, per chiedergli perdono dei propri sbagli adeguatamente.

Dire poche parole, ma anche – dice Gesù – “pregare sempre senza stancarsi mai” (Lc 18, 1).
Pregare sempre. Come si può attuare ciò? E come nel vortice del nostro vivere quotidiano?
Facendo di ogni nostra azione un atto d’amore a Lui. Premettendo possibilmente ad ogni azione, specie alle più importanti, un “Per Te”, come insegna qualche santo.
Perché “pregare sempre” non significa moltiplicare gli atti di preghiera, ma orientare l’anima e tutta la vita a Dio: studiare solo per Lui, lavorare, faticare, soffrire, riposare e, anche, morire solo per Lui.
E compiere ogni nostra azione nel modo migliore possibile, perché siamo consci di fare di essa un prolungamento dell’azione creatrice di Dio e redentrice di Gesù, per l’attuazione dei piani di Dio sul mondo.
Tutto il nostro agire così si trasforma in un’azione sacra. Ed è questa la preghiera più sentita ai nostri giorni, in cui si vede il mondo e tutto il cosmo in evoluzione e si ricorda all’uomo il suo dovere di “soggiogare la terra” (cf. Gn .1, 28).
È proprio per questo modo di pregare soprattutto che attuiamo il comando di Gesù: “Occorre sempre pregare” (cf. Lc 21, 30).
E occorre pregare bene. Premettere sempre pochi secondi di raccoglimento per renderci conto di fronte a Chi siamo. Pronunciare bene le parole suggeriteci dalla Chiesa, in modo da poterle far nostre e mettervi tutto il nostro cuore.
Parlare anche spontaneamente e confidare a Gesù  le cose nostre più segrete; dirgli quanto lo vorremmo amare, di quanto aiuto avremmo bisogno, quali sono le nostre difficoltà, le nostre speranze, i nostri progetti.
E pregare con fede: “Se avrete fede e non dubiterete (…), anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà” (Mt 21, 21).
Queste alcune idee sulla preghiera in famiglia.
Se tutto non si può fare, facciamo qualcosa.
Se con tutti i membri della famiglia non possiamo ritrovarci a pregare, facciamolo con chi è disposto.
Ma la preghiera in famiglia ci sia o ritorni.
La famiglia proprio in quanto tale, soprattutto oggi, ha bisogno della protezione del Cielo.
E vorrei aggiungere una considerazione e un suggerimento. Viviamo le nostre giornate stimolati da mille fattori come non mai; siamo in un mondo che  offre continui svaghi, notizie, immagini. La
televisione, la radio, il telefono, molti rumori ci stordiscono. Anche senza volerlo, anche con un certo controllo, subiamo tutti, più o meno, le tante voci che arrivano alle nostre orecchie, non possiamo esimerci dal recepire le varie idee che i mass media forniscono. È difficile liberarsi da questo autentico bombardamento. È più facile rimanerne succubi, se non attratti.
Come astrarsi per dare un po’ di tempo alla preghiera?
Con la ragione, certo, con la buona volontà rafforzata dalla fede. Ma anche seguendo le indicazioni che lo Spirito Santo, che mai manca di sovvenire gli uomini in ogni epoca, suggerisce oggi proprio per gli uomini dei nostri tempi.
Siamo in un’epoca in cui viene in rilievo nella Chiesa la funzione del laicato.

L’ultimo Sinodo la ha fatto oggetto particolare di studio e l’Esortazione apostolica Christifideles laici ha costatato come lo spirito oggi guardi con speciale amore ai laici, suscitando, ad esempio, movimenti con spiritualità adatte a loro. Esse, per unire i laici maggiormente a Dio, non li tolgono dal loro ambiente. Non chiedono grandi penitenze o prolungati digiuni per garantirsi un’autentica vita cristiana, ma fanno trovare proprio lì in mezzo al mondo, dove si vive gomito a gomito con i prossimi di ogni genere, la strada per arrivare a Dio.
Queste spiritualità sottolineano che cuore del cristianesimo è l’amore al fratello per amore di Cristo, perché in ciò sta il compimento della legge; ed insegnano e spingono a quest’amore: a ricomporlo quando si è interrotto, perché nemmeno l’offerta a Dio è gradita senza questo amore; a metterlo in pratica costantemente, condividendo con chiunque s’incontra nella vita dolori, fatiche, ansie, preoccupazioni ed anche gioie. Invitano a fare di quest’amore il perché della propria vita.
Ed ecco il prodigio divino: questi laici così impegnati, ma tutti protesi nella tensione d’amare lungo il giorno i propri fratelli, dimentichi di sé, quando si raccolgono in preghiera, trovano Dio stesso, presente in fondo al loro cuore, che li invita ad un’unione profonda con Lui.
E si apre con Lui, da cui si sentono amati, un colloquio spontaneo e amoroso. È un’esperienza, questa, meravigliosa, che tutti possono provare.
Avviene come per una pianticella in cui, più la radice affonda nel terreno, più il fusticino svetta verso il cielo. Qui, più si penetra nel cuore del  prossimo per portare con lui dolori e gioia, più l’anima si unisce a Dio.
Ci sono allora, oggi, nella nostra società, forze, stimoli, che attirano fortemente verso il mondo esterno, fatto spesso di vanità, che ipnotizzano quasi l’uomo, lo mortificano nella sua azione e lo rendono prigioniero e illuso con la promessa di felicità a poco prezzo.
C’è anche una forza interiore che attira l’uomo nel profondo del suo cuore, che lo immunizza dallo spirito del mondo, che lo chiama ad un tipo di preghiera tutto particolare e gli offre una pace che il mondo non conosce, gioie imparagonabili con quelle del mondo, consolazioni che saziano.
La famiglia, piccola chiesa laica, impari a percorrere anche queste nuove vie che lo Spirito Santo addita oggi per raggiungere il Signore, impari a sperimentare questi sublimi effetti dell’amore. Per essi anche ogni altra preghiera che reciterà acquisterà nuova profondità.
Cosicché la famiglia sarà sempre più di Dio e su di essa Egli potrà compiere i suoi disegni come quello di aprirsi su tante altre famiglie, perché tutte insieme costituiscono una vasta famiglia di figli di Dio, i cui membri, legati dall’amore portato da Gesù, testimonino come dovrebbe essere sulla terra l’intera famiglia
umana.  
E la Madonna, vaso insigne di devozione, guardi a tutte le nostre famiglie, le avvolga nel suo amore di madre, le faccia simili alla sua, la più santa famiglia che mai sia esistita e mai esisterà: quella con
Gesù, suo figlio e con Giuseppe, suo sposo.

Dal Discorso di Chiara Lubich al Congresso  “Famiglia-società:radici nell’Assoluto per l’oggi dell’uomo” Castel Gandolfo, 8 Aprile 1989